Tlon ci sta ipnotizzando con un autore che non esiste
Un approfondimento che mi sono divertito a fare su un autore che sta facendo parlare di sé, ma che… non esiste. Poi le cose che ho ascoltato, letto e visto nel periodo non collegato.
Da qualche mese faccio fatica a trovare un libro che mi appassioni veramente. Lo dicevo qualche numero fa: avevo riposto certe aspettative su Stiamo sprecando internet di Antonio Pavolini, ma non mi è piaciuto per i motivi che spiegavo qui. Nel frattempo stavo leggendo, e sto ancora leggendo, tre libri a spizzichi e bocconi, quelli che menzionavo qui, e c’è un motivo se li sto leggendo “a spizzichi e bocconi”, per dirla con questa espressione che ho imparato da un ex collega che la usava spesso. So bene che tipo di libro mi appassionerebbe: un saggio, innanzitutto; un saggio che affronti temi di stretta attualità, ma con una prospettiva più ampia, intrecciando riferimenti alle discipline umanistiche, soprattutto psicologia e sociologia. Qualcosa sulla scia di Stati nervosi di William Davies, se l’avete letto (e se non l’avete letto, fatelo per capire perché il mondo sta andando come sta andando dal punto di vista politico e sociale). Ecco perché, quando ho ricevuto la newsletter di Stefano Feltri su Ipnocrazia di Jianwei Xun, ho pensato: «Finalmente ho trovato quello che cercavo!». C’è solo un problema: Jianwei Xun non esiste.
Quel numero della newsletter era firmato da Gloria Origgi, che nel suo profilo Substack si definisce “un’europea milanese” residente a Parigi, specializzata in filosofia e nuove tecnologie presso l’École Normale Supérieure. Origgi, parlando di Ipnocrazia, scriveva che «le reti sociali [...] si sono rivelate strumenti preziosissimi per ipnotizzare le masse, facendole reagire a trend collettivi, riuscendo a muovere la gente come sciami di insetti, pur lasciando loro l’illusione di avere controllo sui propri pensieri e opinioni». Queste parole mi sono bastate per spingermi a saperne di più.
Ho cercato il libro sul sito della casa editrice che lo pubblica, Edizioni Tlon, dove si dice che si tratta dell’opera d’esordio di Xun. Non potendo valutare l’acquisto sulla base di altri libri dell’autore, ho deciso di approfondire il suo background. Ho digitato il suo nome su Google e ho trovato il suo sito internet: Xun, a quanto pare, vive a Hong Kong, ha studiato filosofia politica e media studies all’università di Dublino e ha lavorato per anni come consulente di narrazioni strategiche per istituzioni internazionali. Questa descrizione - oltre a ricordarmi Byung-Chul Han, autore di riferimento per Tlon, che vende diversi suoi libri, tra cui uno dal titolo sorprendentemente simile, Infocrazia - non mi bastava, quindi ho proseguito la ricerca e ho trovato vari articoli che elogiavano Ipnocrazia, ma nessuno che fornisse ulteriori dettagli sull’autore. Possibile, mi sono chiesto, che un accademico con anni di esperienza a livello internazionale non abbia lasciato altre tracce online?
La svolta è arrivata con il profilo Academia di Xun (Academia è un social per la condivisione di testi accademici). Qui ho notato la prima incongruenza: la foto profilo non corrispondeva a quella presente sul suo sito ufficiale. Ho continuato a esplorare e ho trovato un paper a suo nome; nell’introduzione Xun si presenta come ricercatore indipendente presso l’Institute for Critical Digital Studies di Berlino. Scorrendo fino alla fine del documento, però, scopro un’altra discrepanza: stavolta Xun è indicato come ricercatore presso lo stesso istituto, ma affiliato al Trinity College di Dublino, non più a Berlino. A quel punto ho cercato su Google “Institute for Critical Digital Studies” e ho scoperto che... non esiste.
Le incongruenze cominciavano ad accumularsi, quindi ho deciso di controllare se qualcun altro avesse notato questi dettagli. Non usando più Facebook e Instagram, ho cercato approfondimenti su Goodreads, il social dedicato ai libri, e lì ho trovato una recensione che citava altri elementi sospetti: nel libro si parla di un certo Marcus Heidemann, presunto studioso di cui non esiste traccia, e di un misterioso “esperimento di Berlino”, anch’esso inesistente. A quel punto era tutto chiaro, ma ho voluto fare un’ultima verifica per sicurezza: ho cercato di scoprire quale casa editrice avesse pubblicato la versione in inglese di Ipnocrazia e ho scoperto che il libro è stato autopubblicato - strano, per un consulente con esperienze in istituzioni internazionali, che non dovrebbe avere difficoltà a trovare un editore. Infine ho controllato su Whois (un servizio che fornisce informazioni sui domini internet) e ho scoperto che il sito di Jianwei Xun è stato creato il 17 novembre 2024, appena due giorni prima della pubblicazione di Ipnocrazia.
Le riflessioni che questa storia potrebbe suscitare sono molte, ma diventano più chiare se si considera cos’è davvero Tlon: prima ancora che una casa editrice, il progetto di due filosofi, Andrea Colamedici e Maura Gancitano, che non si limitano a divulgare la filosofia, ma la mettono in pratica attraverso gli strumenti della contemporaneità. Colamedici, in particolare, ha spesso condiviso sui social - e anche su Substack, di recente - le sue conversazioni filosofiche con ChatGPT e DeepSeek. Non è difficile immaginare, quindi, che abbia costruito ad arte la figura di un filosofo orientale, forse ispirandosi alla notorietà e al successo commerciale di Byung-Chul Han, per farci sperimentare in prima persona l’ipnocrazia descritta nel libro, che con ogni probabilità è stato scritto almeno in parte da un’intelligenza artificiale.
E bisogna dire che l’esperimento ha funzionato: su internet il gioco filosofico di Tlon è passato inosservato, nonostante gli indizi quasi certamente lasciati di proposito. Persino testate autorevoli come Doppiozero, HuffPost e Il Foglio ne hanno parlato con entusiasmo, senza accorgersi di nulla. Chissà se Tlon aveva previsto che a mangiare la foglia sarebbe stato uno che, di lavoro, non fa il giornalista e che ha una newsletter seguita da quattro gatti. In fondo in tutte le grandi allegorie, dal mito della caverna di Platone a Matrix, è sempre uno come tanti a rompere l’incantesimo di un’ipnocrazia che nessun altro aveva riconosciuto.
Cose che
Ho ascoltato
Due numeri fa abbiamo parlato di fare cose, di vivere vite che lasciano un segno anche dopo la nostra scomparsa. In questo episodio del podcast Orazio si parla di voci che continuano a riecheggiare anche dopo che chi le possedeva non c’è più. Ascoltate soprattutto l’ultima storia: è l’esempio perfetto di un ricordo che va oltre l’affetto di chi ci ha amato, toccando anche la vita di perfetti sconosciuti. E a proposito di lasciare un segno, Nicolas Jaar e i suoi non saranno facilmente dimenticati dopo Nothing: un disco denso, con un’identità forte ma al tempo stesso capace di mettersi in discussione.
Ho letto
Questo articolo di Luca Sofri, il Peraltro Direttore del Post (da un podcast ho saputo che in redazione lo chiamano così perché, durante una riunione, si è scaldato e ha rivendicato di essere peraltro il direttore. Il solito Matteo Bordone, di cui ho parlato qui, ha poi trasformato l’espressione in una sorta di meme e da allora Sofri è noto con quel soprannome) non scioglie il nodo della musica brutta che piace e di quella bella che dovrebbe piacere a tutti, ma ci si addentra e offre spunti interessanti sul tema.
Ho visto
Anzi, ho rivisto Le ali della libertà di Frank Darabont. Probabilmente l'avete già visto, dato che è un film molto noto, ma vi consiglio di fare come me: rivedetelo per apprezzare come narrazione e comparto tecnico si fondano e si sostengano dal primo all'ultimo minuto. Lo trovate su Netflix. Ho rivisto anche Parasite di Bong Joon-ho, e la sua capacità di raccontare le forze di attrazione e repulsione tra povertà e ricchezza è straordinaria. Lo trovate su MUBI.
Fine. Ci sentiamo quando avrò qualcosa da dire: potrebbe essere domani, potrebbe non essere mai più. Ciao!
Questa svolta detective mi è piaciuta molto ✨ ma non dovrei stupirmi visto che sei Corvonero.
Una volta mi hanno chiesto di scrivere, per un' edizione speciale di un best seller, una specie di guida ai luoghi del romanzo, posti che ovviamente non avevo visitato. Dalla (grossa) casa editrice non me lo dissero, ma cercando l' autore su Wikipedia scoprii che probabilmente non esisteva. Ma vendeva un sacco di libri.